Un’esplosione nucleare è quanto di più devastante possa accadere per mano dell’uomo.
Il danno causato dal disastro nucleare non si limita all’evento immediato, difatti il “fungo atomico” produce una quantità enorme di particelle radioattive che sono proiettate nella stratosfera a 15 km di altezza.
Queste particelle sono altamente instabili e attraverso il fenomeno del “decadimento” emettono delle radiazioni nocive e mortali per gli esseri viventi.
Il fatto che l’esplosione atomica disperda le particelle radioattive così in alto e che essendo le stesse troppo sottili per ricadere nelle prime ore nell’area dell’esplosione, causa un effetto di ricaduta radioattiva che può interessare una zona vastissima, anche migliaia di chilometri e perdurare da qualche mese a diversi anni.
Cos’è una particella radioattiva? È un atomo reso instabile dall’energia sprigionata dall’esplosione, che assorbe, e che nel tempo tenderà a restituirla sotto forma di “radiazioni”. Queste emissioni energetiche sono nocive per i tessuti degli esseri viventi, alterano le cellule, il loro DNA, fino a portarle alla morte.
La ricaduta radioattiva, nota con il termine di “fallout”, ha effetti sia individuali, che si manifestano dopo poche ore, che genetici, che possono rivelarsi dopo anni sulle generazioni seguenti causando delle mutazioni genetiche.
Quali e quante particelle radioattive produce un disastro nucleare?
Le variabili sono tantissime, dipendono dal tipo di ordigno, dalla potenza e se il disastro è causato da una bomba atomica o da un malfunzionamento di una centrale a reattori nucleari, il malfunzionamento include anche la distruzione come atto di guerra.
I principali isotopi radioattivi prodotti dall’evento nucleare sono tantissimi, a partire dall’uranio, dal plutonio, dal cesio, dal nettunio, etc. e anche dallo iodio.
Lo iodio radioattivo (gli isotopi sono il 131, 132 e 133) può essere assunto sia per contatto esterno che per inalazione e ingestione. Gli isotopi radioattivi dello iodio, assieme a tutti gli altri, si depositano a terra, sugli indumenti e sulle parti scoperte del corpo.
La preoccupazione principale per lo iodio radioattivo è la captazione da parte della tiroide, un organo che ha un’affinità elettiva per questo elemento, necessario per il suo funzionamento.
Se la tiroide fissa e si impregna di iodio radioattivo, è facile intuire il danno cellulare che ne consegue: blocco della funzione tiroidea, tumori.
La somministrazione di iodio, in caso di evento nucleare, tende a saturare la tiroide di iodio stabile, questo ne impedirebbe la contaminazione da parte dello iodio radioattivo ingerito e ne faciliterebbe l’eliminazione attraverso le funzioni di ricambio degli organi emuntori.
Qual è il razionale scientifico per l’assunzione di iodio in caso di evento nucleare?
L’Istituto Superiore di Sanità, insieme a varie società scientifiche, invita a non usare farmaci “fai da te” contenenti elevate quantità di iodio che invece potrebbero determinare conseguenze negative per l’organismo, incluso il blocco funzionale della tiroide.
Quindi l’integrazione di iodio è indicata se effettivamente esiste un rischio oggettivo, il dosaggio varia a seconda dell’età da 50 a 100 mg al giorno e per la donna in gravidanza il minimo necessario.
Dopo il disastro di Chernobyl, l’aumento nella zona dei tumori tiroidei infantili è aumentato di 100 volte a causa dello iodio131. L’aumento si è osservato anche a 500 km di distanza. Ma è stata una minima parte del danno alla salute, gli altri isotopi radioattivi, uranio e plutonio in testa, sono stati devastanti anche per le generazioni successive a causa delle mutazioni genetiche.
Esiste un rischio reale in Italia?
Non in questo momento. Se dovesse accadere un incidente nucleare, vista la distanza dai luoghi del conflitto, ci sarebbe il tempo per mettere in atto la iodoprofilassi, ma solo nei soggetti in cui il rapporto rischio/beneficio è favorevole.
Quindi, nessuna integrazione preventiva è consigliata, laddove ritenuta utile e valutata da soggetto a soggetto, è bene somministrarla solo sotto la sorveglianza del medico.
Tutt’al più, poco sale, ma iodato, come suggerito dal Ministero della Salute, “garantisce il normale funzionamento della tiroide e, saturandola di iodio stabile, contribuisce anche a proteggerla da un’eventuale esposizione a radiazioni.”